PABLO NERUDA
Cile 1904 – 1973


 La poesia di Pablo Neruda riflette i toni forti di un’esperienza umana ricca e complessa. Sia che canti la condizione sociale delle classi emarginate in lotta per il loro riscatto, sia che, immerso nell’esperienza dell’amore, si ripieghi ad ascoltare i dolci e cari moti del cuore, il poeta trasferisce nel canto poetico il suo modo di essere protagonista attento a cogliere ogni dimensione della vicenda umana.
 L’impegno civile perseguito come scelta di vita non distolse Neruda dal colloquio con se stesso per cogliere le ragioni intime dell’umana esistenza. E l’amore, in cui si compongono l’intensità della passione dei sensi e il sentimento vissuto in tutte le sue sfumature, irraggia la sua luce di gioia, ma anche di malinconia e di tristezza, su tutta la sua esperienza umana e poetica.
 I Cien sonetos de amor cantano la passione del poeta per Matilde. Neruda intona un canto appassionato all’amore come sentimento che opera nel profondo. Tra dichiarazioni calorose e tormentate, tra angosce e pieno abbandono alla voce del cuore, la poesia d’amore di Neruda acquista un fascino di inedita bellezza.
Anche se talora la poesia si colora di accenti di tristezza per l’affacciarsi sullo sfondo della fine di ogni cosa, essa riacquista sempre la serenità e la gioia, attingendo una nuova vitalità dalla certezza dell’amore, quale bene massimo della vita, esperienza in cui si placa la dolorosa coscienza del trascorrere inarrestabile del tempo.


DUE AMANTI FELICI…


 Raggiante contemplazione dello stato di estasi in cui vivono gli innamorati. Le loro anime aspirano alla fusione totale, comunicano il loro stato di felicità, diffondono intorno quegli aromi che li tengono misteriosamente uniti; vorrebbero che tutti fossero partecipi della loro rinascita, immergendosi nell’esaltante esperienza d’amore. Essi vivono al di fuori del tempo, sono messaggeri di gioia tra le generazioni che si susseguono sulla terra, neppure la morte riesce a intaccare il loro stato di sublime dolcezza.

Due amanti felici fanno un solo pane,
una sola goccia di luna nell’erba,
lascian camminando due ombre che s’uniscono,
lasciano un solo sole vuoto in un letto.

Di tutte le verità scelsero il giorno:
non s’unirono con fili, ma con un aroma,
e non spezzarono la pace né le parole.
È la felicità una torre trasparente.

L’aria, il vino vanno coi due amanti,
gli regala la notte i suoi petali felici,
hanno diritto a tutti i garofani.

Due amanti felici non hanno fine né morte,
nascono e muoiono più volte vivendo,
hanno l’eternità della natura.



Trad.di G. Bellini



QUANDO MORRÒ…


 Gl’innamorati proiettano la loro esistenza oltre il limitare della tomba nell’illusione che il privilegio d’incontrarsi nel tempo, in una comunione di passione e di tenerezze, perduri in eterno. L’amore dà voce a sentimenti delicati, a sogni, e ci rimanda alla percezione della fugacità della vita e al dolore per la fragilità della condizione umana su cui inesorabile incombe la morte; ma sulla malinconica contemplazione del destino si libra alto il canto di un sentimento che ha dato un senso all’esistenza del poeta, un canto intessuto di ricordi destinato a perpetuare il senso stesso della vita nelle generazioni a venire.

Quando morrò voglio le tue mani sui miei occhi:
voglio che la luce e il frumento delle tue mani amate
passino una volta ancora su di me la loro freschezza:
sentire la soavità che cambiò il mio destino.

Voglio che tu viva mentr’io, addormentato, t’attendo,
voglio che le tue orecchie continuino a udire il vento,
che fiuti l’aroma del mare che amammo uniti
e che continui a calpestare l’arena che calpestammo.

Voglio che ciò che amo continui a esser vivo
e te amai e cantai sopra tutte le cose,
per questo continua a fiorire, fiorita,

perché raggiunga tutto ciò che il mio amore ordina,
perché la mia ombra passeggi per la tua chioma,
perché così conoscano la ragione del mio canto.



Trad.di G. Bellini



AMOR MIO, SE MUOIO…


 L’angosciosa presenza della morte ingenera momenti di desolato sconforto. Ma la vita vissuta nel segno dell’amore offre al poeta momenti di commossa meditazione sul senso ultimo del suo “essere nel mondo”. E nel perenne rinnovarsi della vita nel ciclo eterno della natura, egli placa la sua tormentosa inquietudine. Non diamo spazio al dolore, “non v’è estensione come quella che viviamo”. Tutta la loro vicenda si dipana lungo un percorso voluto dal destino: “Potuto avremmo non trovarci nel tempo”. Felici si abbandonarono all’onda fluente della vita, uniti da un amore che non avrà mai fine. L’amore sopravvivrà alla loro scomparsa, perché la sua sostanza rimarrà viva nel mondo: “ / così come non ebbe nascimento / morte non ha, è come un lungo fiume, / cambia solo di terre e di labbra”.

Amor mio, se muoio e tu non muori,
amor mio, se muori e io non muoio,
non diamo al dolor più territorio:
non v’è estensione come quella che viviamo.

Polvere nel frumento, arena nelle arene
il tempo, l’acqua errante, il vento vago
ci portò come grano navigante.
Potuto avremmo non trovarci nel tempo.

Questa prateria in cui noi ci trovammo,
oh piccolo infinito!, restituiamo.
Ma questo amore, amor, non è finito:

così come non ebbe nascimento
morte non ha, è come un lungo fiume,
cambia solo di terre e di labbra.



Trad.di G. Bellini


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