Cile 1904 – 1973 ![]() L’impegno civile perseguito come scelta di vita non distolse Neruda dal colloquio con se stesso per cogliere le ragioni intime dell’umana esistenza. E l’amore, in cui si compongono l’intensità della passione dei sensi e il sentimento vissuto in tutte le sue sfumature, irraggia la sua luce di gioia, ma anche di malinconia e di tristezza, su tutta la sua esperienza umana e poetica. I Cien sonetos de amor cantano la passione del poeta per Matilde. Neruda intona un canto appassionato all’amore come sentimento che opera nel profondo. Tra dichiarazioni calorose e tormentate, tra angosce e pieno abbandono alla voce del cuore, la poesia d’amore di Neruda acquista un fascino di inedita bellezza. Anche se talora la poesia si colora di accenti di tristezza per l’affacciarsi sullo sfondo della fine di ogni cosa, essa riacquista sempre la serenità e la gioia, attingendo una nuova vitalità dalla certezza dell’amore, quale bene massimo della vita, esperienza in cui si placa la dolorosa coscienza del trascorrere inarrestabile del tempo. DUE AMANTI FELICI… ![]() Due amanti felici fanno un solo pane, una sola goccia di luna nell’erba, lascian camminando due ombre che s’uniscono, lasciano un solo sole vuoto in un letto. Di tutte le verità scelsero il giorno: non s’unirono con fili, ma con un aroma, e non spezzarono la pace né le parole. È la felicità una torre trasparente. L’aria, il vino vanno coi due amanti, gli regala la notte i suoi petali felici, hanno diritto a tutti i garofani. Due amanti felici non hanno fine né morte, nascono e muoiono più volte vivendo, hanno l’eternità della natura. Trad.di G. Bellini QUANDO MORRÒ… ![]() Quando morrò voglio le tue mani sui miei occhi: voglio che la luce e il frumento delle tue mani amate passino una volta ancora su di me la loro freschezza: sentire la soavità che cambiò il mio destino. Voglio che tu viva mentr’io, addormentato, t’attendo, voglio che le tue orecchie continuino a udire il vento, che fiuti l’aroma del mare che amammo uniti e che continui a calpestare l’arena che calpestammo. Voglio che ciò che amo continui a esser vivo e te amai e cantai sopra tutte le cose, per questo continua a fiorire, fiorita, perché raggiunga tutto ciò che il mio amore ordina, perché la mia ombra passeggi per la tua chioma, perché così conoscano la ragione del mio canto. Trad.di G. Bellini AMOR MIO, SE MUOIO… ![]() Amor mio, se muoio e tu non muori, amor mio, se muori e io non muoio, non diamo al dolor più territorio: non v’è estensione come quella che viviamo. Polvere nel frumento, arena nelle arene il tempo, l’acqua errante, il vento vago ci portò come grano navigante. Potuto avremmo non trovarci nel tempo. Questa prateria in cui noi ci trovammo, oh piccolo infinito!, restituiamo. Ma questo amore, amor, non è finito: così come non ebbe nascimento morte non ha, è come un lungo fiume, cambia solo di terre e di labbra. Trad.di G. Bellini |