Poeta anonimo, II – III sec. d.C. ![]() È una grande festa d’amore che si celebra in ogni ritorno della primavera in Sicilia nella splendida regione di Ibla ai piedi dell’Etna. Il canto ha toni di soave dolcezza: la foresta scioglie le chiome alle piogge che la fecondano e gli uccelli si abbandonano al loro estro canoro, rispondendosi di fronda in fronda. Solo il poeta non si sente partecipe della euforia universale della stagione ricca di canti, e chiude il carme con accenti personali pieni di tristezza che c’invitano a cercare nel segreto non penetrabile della sua vita e del suo cuore. “Ami domani chi mai amò, e chi amò ami domani! Ecco la nuova primavera, una primavera piena di canti; di primavera è nato il mondo, di primavera si stringono gli amori, in primavera si accoppiano gli uccelli, e la foresta scioglie la chioma alle piogge che la fecondano. Domani Colei che annoda gli amori fra le ombre degli alberi intreccia capanne verdeggianti di mirto, domani Venere assisa sull’eccelso suo trono detterà le sue leggi. “Ami domani chi mai amò, e chi amò ami domani! ……………………………………………. Essa dipinge di floride gemme la stagione purpurea, essa rigonfia in turgidi nodi i boccioli che nascono al soffio di Zefiro; ella sparge le gocce di smagliante rugiada lasciata dalla brezza notturna. Brillano le lacrime tremanti sotto il peso pronto a cadere: la goccia pendula restringendosi in piccola sfera trattiene la sua caduta. Ecco, i fiori purpurei hanno mostrato il loro pudore: quell’umore che gli astri irrorano nelle notti serene, al mattino ha sciolto i boccioli intatti dal loro umido peplo. Ella ordinò che al mattino si sposino le umide vergini rose: fatte del sangue di Venere Ciprigna e dei baci d’Amore e delle gemme e delle fiamme e delle porpore del sole, spose di un unico amore, domani non avranno vergogna di sciogliere il verginale rossore che stava nascosto sotto una veste di fuoco. ……………………………………… “Ami domani chi mai amò, e chi amò ami domani! Il piacere feconda i campi, i campi sentono Venere; lo stesso Amore, figlio di Dione, si dice sia nato in campagna. Mentre la terra lo partoriva, lei lo accolse sul suo seno; lei lo allevò con i delicati baci dei fiori. “Ami domani chi mai amò, e chi amò ami domani! Ecco già sotto le ginestre stendono i fianchi i tori, ciascuno sicuro del patto coniugale da cui è avvinto. Sotto l’ombra ecco le greggi delle pecore con i montoni. E la dea ordinò che gli uccelli canori non tacessero. Già i garruli cigni fanno risuonare gli stagni del loro roco canto. Fa eco l’usignolo sotto l’ombra del pioppo, sì che crederesti che la sua musicale voce canti la passione d’amore. Esso canta, noi taciamo. Quando verrà la mia primavera? Quando verrà la mia primavera? Quando farò come la rondine, e cesserò di tacere? Tacendo ho perduto la mia musa, né più Apollo mi guarda. Trad. di S. Iacono |