TITO LUCREZIO CARO
Roma 94-50 a.C.

L’amore ha radici biologiche che accomunano tutti gli esseri viventi.

INNO A VENERE GENITRICE
(De rerum natura, libro 1°, vv. 1-26)

Nel mito di Venere, dea dell’Amore, si condensa la forza rigeneratrice della Natura a primavera.


In un momento di serenità del suo animo tormentato, Lucrezio si abbandona alla contemplazione della natura proprio nel momento in cui la forza rigeneratrice di Venere, a primavera, infonde in tutti gli esseri viventi una esuberante vitalità, assicurando che ogni specie propaghi “bramosamente” la vita.
 Canto di altissima poesia, l’inno a Venere fissa in immagini suggestive e potenti la festosa e serena visione del rigoglio della natura. La luminosa armonia dei versi esprime il palpito di un’anima rapita dallo spettacolo del propagarsi della vita nel cosmo. Venere è delizia degli uomini e degli dei, e senza il suo volere nessun essere può affacciarsi alla luce del giorno, e “nulla di lieto, nulla sussiste d’amabile”. Al suo passaggio torna a pulsare la vita con nuovo vigore nell’immensa distesa del mare, sulle terre dispensatrici di messi e fiori soavi, su per i monti e i ruinosi torrenti. E tutti gli esseri, soggiogati dalla sua grazia e spinti dalla voluttà carezzevole, si lasciano guidare laddove a lei piace condurli.


O madre degli Eneadi, delizia
degli uomini e degli dei, o alma Venere,
che al volger delle stelle nel cielo
riempi della tua presenza il mare che porta le navi,
le terre che danno le messi, poiché per opera tua
viene concepita ogni specie degli esseri,
e nata vede la luce del sole;
te, o dea, fuggono i venti, te e il tuo arrivo
fuggono le nubi del cielo,
a te fa germogliare la terra smagliante fiori soavi,
sorride a te la distesa del mare, e
brilla di luce diffusa il cielo tranquillo.
E infatti non appena si schiude
il sorriso di un giorno di primavera, e ridestosi
riprende vigore il soffio fecondatore di zefiro,
prima gli uccelli dell’aria,
scossi nel cuore dalla tua potenza,
annunziano te e il tuo ritorno, o dea;
indi le bestie indomite saltano per i feraci pascoli
e guadano i rapidi fiumi;
così soggiogato dalla tua grazia,
bramosamente ciascuno ti segue dove ti piaccia condurlo;
quindi per i mari e i monti e le rapaci fiumane e
per le frondose dimore degli uccelli
e per le verdeggianti campagne
nel cuore a tutti infondendo
la lusinga d’amore, fai sì che ogni specie propaghi
bramosamente la vita: tu sola governi la natura,
e senza di te niente emerge alle divine plaghe
della luce, e nulla di lieto, nulla sussiste d’amabile.

Trad. di S. Iacono
Testo latino: Lucretii De rerum natura, Romae, in Aedibus Athenaei, MCMLX



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